Al Polo Nord, dove la neve è bianca come il latte e il ghiaccio è azzurro come il cielo d’estate, viveva un giovane renna di nome Arturo.
Arturo era una renna molto tranquilla. Non era il più veloce a correre nella tundra, e non era nemmeno il più forte a scavare sotto la neve per trovare il muschio da mangiare. Ma Arturo aveva una passione segreta: amava i colori.
Il problema era che al Polo Nord i colori erano pochi. C’era tanto bianco, tanto grigio e tanto marrone, proprio come il pelo delle altre renne e i loro grandi palchi di corna. “Uffa,” sospirava Arturo guardando il paesaggio. “È tutto così… uguale!”
I suoi amici, Berto e Zampa-Lesta, lo prendevano in giro bonariamente. “Arturo, sei sempre con la testa tra le nuvole!” gli dicevano, dandogli dei colpetti amichevoli con il muso. “Le renne serie pensano a correre e a prepararsi per aiutare Babbo Natale, non ai colori!”
Arturo abbassava la testa. Le sue corna erano ancora piccole e ricoperte di un pelo morbido e marroncino, proprio come quelle di tutti gli altri. Si sentiva un po’ inutile.
Una notte, però, accadde qualcosa di magico. Era la notte più lunga dell’anno e nel cielo apparve l’Aurora Boreale. Non era una solita aurora con un po’ di verde pallido. Quella notte il cielo esplose in fiumi di luce rosa, viola, verde smeraldo e giallo oro. Le luci danzavano e sembravano scendere giù giù, quasi a toccare la terra.
Mentre tutte le altre renne dormivano rannicchiate per il freddo, Arturo era sveglio, con gli occhi spalancati per la meraviglia. “Che bellezza!” sussurrò.
Una scia di luce colorata si abbassò proprio sopra di lui. Arturo, senza pensarci, alzò la testa e le sue piccole corna toccarono la luce. Improvvisamente sentì un leggero formicolio, simile a quando si tocca la lana d’inverno, e poi un dolce calore che lo avvolse.
La mattina dopo, quando il sole si alzò pallido all’orizzonte, il villaggio delle renne si svegliò con grande stupore. Tutti rimasero a bocca aperta per la sorpresa.
Al centro del gruppo c’era Arturo. Le sue corna non erano più marroni. Erano diventate… arcobàleno! Avevano strisce brillanti di tutti i colori dell’aurora: una punta era fucsia, un ramo era blu elettrico, un altro giallo limone. Brillavano di una luce soffusa e bellissima.
Arturo si specchiò in una pozza d’acqua ghiacciata e quasi svenne per l’emozione. Era coloratissimo!
Ma la capo-renna, una vecchia saggia di nome Berta, scosse la testa preoccupata. “Arturo, figliolo, quelle corna sono troppo vistose. I lupi ti vedranno da chilometri di distanza. È pericoloso essere così diversi quassù al Nord.”
Arturo divenne triste. Il suo sogno era diventato un problema. Per non farsi notare, iniziò a girare con un vecchio sacco di iuta avvolto sulla testa, coprendo quella meraviglia.
Pochi giorni dopo, era la Vigilia di Natale. Babbo Natale stava preparando la slitta, ma c’era un grosso guaio. Non era la nebbia, per quella c’era Rudolph con il suo naso rosso, ma una Bufera di Neve Grigia.
La neve cadeva così fitta e così scura che sembrava di essere dentro una nuvola di cenere. Nemmeno il naso di Rudolph riusciva a bucare quel grigiore. Tutto era piatto, senza ombre, e le renne volanti non capivano dove fosse l’alto e dove fosse il basso.
“Oh, poveri noi!” esclamò Babbo Natale, tirandosi la barba. “Rischiamo di sbattere contro una montagna di ghiaccio. Non si vede nulla!”
Arturo, che era lì vicino a guardare la partenza, sentì una stretta al cuore. Non poteva volare, ma voleva aiutare. Si fece avanti timidamente e, con un gesto deciso, si tolse il sacco di iuta dalla testa.
Le sue corna arcobaleno illuminarono all’istante la neve scura. Ma non era una luce forte come un faro, era una luce diffusa, morbida e colorata. Il rosso, il blu, il giallo e il verde delle sue corna si riflettevano sui fiocchi di neve grigi, creando un sentiero luminoso e colorato nell’aria. Era come una strada fatta di caramelle gommose nel cielo buio.
“Ma è incredibile!” gridò Babbo Natale. “La tua luce non abbaglia, ma colora la tempesta! Grazie a te possiamo vedere la strada!”
Quella notte, Arturo non tirò la slitta. Fece qualcosa di altrettanto importante. Rimase a terra, sulla collina più alta del Polo Nord. Divenne il “Faro a Colori” per il ritorno di Babbo Natale. Le renne volanti, stanche dopo il lungo viaggio, videro da lontanissimo quel bellissimo punto arcobaleno che indicava la via di casa, bucando il grigiore della tempesta.
Da quel giorno, nessuno prese più in giro Arturo per la sua passione. Aveva dimostrato che anche al Polo Nord, dove tutto è bianco, un po’ di colore può salvare la situazione. E Arturo non coprì mai più le sue bellissime, uniche, corna arcobaleno.