La Racchetta Incantata di Tino

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C’era una volta un bambino di nome Tino che viveva in un piccolo paese dove tutti, ma proprio tutti, giocavano a tennis. I campi verdi erano sparsi dappertutto come tante macchie di colore, e il rumore delle palline che rimbalzavano faceva “toc toc” dalla mattina alla sera, come un orologio gigante.

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Tino aveva otto anni e un grande problema: era l’unico bambino del paese che non sapeva giocare a tennis! Ogni volta che provava a colpire la pallina, questa scappava via come se avesse le ali, oppure si nascondeva sotto la rete ridacchiando.

“Tino, devi tenere la racchetta così!” gli diceva il maestro di tennis, un certo signor Servizio, che era così senza capelli che sembrava una pallina da tennis.

“Sì, signor Servizio,” rispondeva Tino, ma appena il maestro si girava, la racchetta gli scivolava dalle mani come se fosse fatta di burro.

Un pomeriggio, dopo l’ennesima lezione disastrosa, Tino tornava a casa tutto triste. La sua racchetta sembrava pesante come un sasso.

“Non sarò mai bravo come Federì,” sospirò Tino pensando al suo campione preferito, Federì Volante, che volava davvero quando saltava per colpire la pallina.

Mentre camminava, vide un vecchietto seduto su una panchina. Aveva i capelli bianchi e una racchetta antichissima appoggiata accanto.

“Ehi, giovanotto!” lo chiamò il vecchietto. “Ti vedo triste come una pallina sgonfia! Cosa ti succede?”

Tino si avvicinò e raccontò il suo problema. Il vecchietto sorrise e gli fece l’occhiolino.

“Mi chiamo Maestro Pallina. Ho giocato tante partite nella mia vita, più dei capelli che ho in testa! Vuoi un consiglio? Ogni racchetta ha un’anima, devi solo imparare ad ascoltarla.”

Tino guardò perplesso la sua racchetta. Un’anima? Ma se non parlava nemmeno!

Il Maestro Pallina gli porse la sua vecchia racchetta di legno. “Prova questa. È magica, ma funziona solo per chi sa ascoltare.”

Tino prese la racchetta e subito sentì un formicolio nelle mani, come se la racchetta stesse cercando di dirgli qualcosa.

“Grazie, signor Maestro Pallina!” disse Tino, ma quando si voltò per ringraziarlo meglio, il vecchietto era sparito, lasciando solo una piuma bianca che volava nel vento.

Quella notte, Tino mise la racchetta vecchia vicino al letto e si addormentò. Nel sonno sentì una vocina sottile.

“Svegliati, dormiglione!”

Tino aprì gli occhi e vide la racchetta in piedi accanto al letto, che si equilibrava sul manico come un acrobata.

“Ma… tu parli!” esclamò Tino stropicciandosi gli occhi.

“Certo che parlo! Mi chiamo Ricky Racchetta, e sono qui per aiutarti. Ma devi promettermi una cosa: non dire a nessuno che sono magica!”

“Lo prometto!” disse Tino, saltando giù dal letto emozionato.

Ricky gli spiegò che era stata la racchetta di tanti campioni, e conosceva tutti i segreti del tennis. “Ma ricorda,” aggiunse seria seria, “posso insegnarti i movimenti, ma sei tu che devi giocare!”

Nei giorni seguenti, ogni notte Ricky Racchetta insegnava a Tino come tenere la posizione, come muoversi sul campo, come sentire il ritmo della pallina. Durante il giorno, Tino andava ad allenarsi nei campi vuoti, parlando sottovoce con la racchetta che, davanti agli altri, faceva finta di essere una racchetta normale.

“Più a destra… ora piega le ginocchia… ecco, così!” sussurrava Ricky, e Tino migliorava giorno dopo giorno.

Un mattino, il signor Servizio notò i progressi di Tino.

“Ma guarda un po’! Hai trovato un nuovo amico?” chiese indicando la vecchia racchetta.

“Sì, si chiama Ricky,” rispose Tino, e poi si morse la lingua ricordandosi che doveva mantenere il segreto.

“Ricky? Dai un nome alle tue racchette?” rise il maestro. “Sei proprio un tipo originale, Tino!”

Arrivò il giorno del torneo dei bambini. Tutti i piccoli tennisti del paese erano emozionatissimi, e anche Tino, che per la prima volta non aveva paura.

“Ricorda,” gli disse Ricky la sera prima, “io ti aiuterò, ma sarai tu a giocare. La vera magia è dentro di te!”

Il torneo iniziò e Tino, con grande sorpresa di tutti, giocava benissimo! La racchetta sembrava un’estensione del suo braccio, e la pallina andava esattamente dove lui voleva.

Arrivò in finale contro Pally, il bambino più bravo del paese, che aveva vinto il torneo tre anni di fila.

“Tino contro Pally! Chi l’avrebbe mai detto!” mormorava la gente.

La partita era durissima. Pally era davvero bravo, ma Tino giocava con il cuore. Sul punto decisivo, Tino sentì la racchetta vibrare forte.

“Ora!” gli sembrò di sentire, e colpì la pallina con tutta la forza che aveva.

La pallina volò come un uccellino e atterrò proprio sulla riga, dando a Tino il punto della vittoria!

Tutti applaudirono stupefatti. Il sindaco gli consegnò la coppa, una piccola racchetta d’argento.

“Hai vinto tu,” sussurrò Tino alla sua racchetta mentre tornava a casa con la coppa.

“No,” rispose Ricky, “abbiamo vinto insieme. Ma è stato il tuo impegno a fare la magia.”

Quella notte, Tino mise la racchetta e la coppa vicino al letto e si addormentò felice. Sognò di giocare in un grande stadio, con Ricky Racchetta al suo fianco, mentre Federì Volante gli faceva il tifo dalla tribuna.

Al mattino, quando si svegliò, la racchetta era di nuovo una semplice racchetta. Provò a parlarle, ma non ricevette risposta. Accanto c’era un bigliettino scritto con una calligrafia antica:

“Caro Tino, ora non hai più bisogno di una racchetta magica. La magia è nelle tue mani e nel tuo cuore. Vai e gioca! Con affetto, Ricky (e il Maestro Pallina)”

Da quel giorno, Tino diventò un bravissimo giocatore di tennis. E ogni volta che entrava in campo, stringeva forte la sua vecchia racchetta e sussurrava: “Grazie, Ricky.”

E a volte, solo a volte, gli sembrava che la racchetta gli strizzasse l’occhio.