Nel cortile della scuola “Grimani”, c’era una regola non scritta: o giocavi a calcio, o non giocavi a niente.
A Leo il calcio proprio non piaceva. Quando provava a tirare un calcio al pallone, di solito colpiva l’aria e cadeva seduto.
Tutti ridevano, non per cattiveria, ma perché Leo sembrava davvero un pinguino sul ghiaccio.
“Sei una schiappa, Leo!” gli diceva simpaticamente Marco, il capitano della squadra rossa.
Leo non si offendeva, ma si annoiava. Passava la ricreazione seduto sulla panchina a guardare le nuvole, sognando uno sport dove non servisse correre dietro a una palla tonda.
Un pomeriggio di sole, mentre tutti inseguivano il pallone gridando “Passa! Tira!”, Leo vide qualcosa di strano dietro il capanno degli attrezzi del giardiniere.
Era una vecchia cassa di legno, mezza coperta dall’edera. Leo, curioso, spostò le foglie e aprì il coperchio.
Dentro non c’erano palloni da calcio. C’era un tesoro di oggetti dimenticati e polverosi, Leo rovistò e trovò dei cerchi di plastica colorata (hula hoop), palline morbide che sembravano fatte di calzini arrotolati, perfette per imparare a fare i giocolieri.
C’erano quattro sacchi di patate vuoti e robusti. E, in fondo alla cassa, una lunghissima e spessa corda di canapa.
Gli occhi di Leo si illuminarono. Prese un cerchio verde e provò a farlo girare in vita. Cadde subito. Ci riprovò. Dopo un po’, riuscì a farlo girare tre volte. Era divertente!
Mentre si allenava, si avvicinò Giulia, una bambina che aveva sempre le trecce spettinate e che non amava correre perché inciampava nei suoi stessi piedi. “Che fai?” chiese Giulia.
“Non lo so,” disse Leo sorridendo. “Ma è più divertente che stare in panchina. Prova queste!” E le lanciò le palline morbide da giocoliere.
Poi arrivarono Pippo e Pluto, due gemelli che litigavano sempre quando giocavano a squadra. Leo diede loro la lunga corda. “Vediamo chi tira più forte!” disse. I gemelli afferrarono le estremità e iniziarono a tirare, ridendo come matti e dimenticandosi di litigare.
In poco tempo, l’angolo dietro il capanno si riempì di risate. Leo e Giulia inventarono la “Corsa dei Sacchi Saltellanti”. I gemelli organizzarono il torneo di “Tira-la-Corda-senza-cadere-nel-fango”.
Il rumore del divertimento era così forte che, dall’altra parte del cortile, la partita di calcio si fermò. Marco, il capitano, teneva il pallone sotto il braccio e guardava incuriosito. “Ehi, voi laggiù! A cosa state giocando?” gridò Marco.
Leo si fermò, con un piede dentro un sacco di patate. “Stiamo giocando alle… Olimpiadi delle Cose Strane!” rispose. “Qui non si vince nessuna coppa, ma si ride tantissimo.”
Marco guardò il suo pallone. Poi guardò i sacchi di iuta e i cerchi colorati. “Posso… posso provare a saltare nel sacco?” chiese timidamente il capitano.
Quel pomeriggio successe una magia. Il pallone da calcio rimase fermo nell’erba. Tutti i bambini della scuola, quelli bravissimi e quelli un po’ “schiappe”, si misero in fila per provare il tiro alla fune, per saltare nei sacchi e per far girare i cerchi.
Leo non era più seduto in panchina. Era il capitano della squadra più divertente della scuola. Aveva capito che lo sport non è solo fare gol. Lo sport è muoversi, saltare, provare cose nuove e, soprattutto, divertirsi tutti insieme, nessuno escluso.