C’era una volta, in un bosco verde e profumato, un piccolo albero di nome Tino. Tino era un giovane Tiglio, con le foglie a forma di cuore e il tronco sottile come un grissino.
Viveva in mezzo a veri giganti: querce altissime che sembravano toccare le nuvole e pini antichi che profumavano di resina. Tino, però, si sentiva spesso un po’ triste.
Ogni mattina, quando il vento gli faceva il solletico tra i rami, sospirava guardando il prato. “Uffa,” pensava, “tutti gli animali corrono e saltano. Gli scoiattoli scattano, le lepri balzano, persino le lumache si spostano! Io invece sono piantato qui, fermo immobile. Mi sento così solo.”
Un pomeriggio d’autunno, mentre le foglie del bosco diventavano gialle come l’oro, un piccolo scoiattolo di nome Cip si fermò proprio ai piedi di Tino.
Cip piangeva piano, nascondendo il musetto tra le zampe. Tino, che aveva un cuore grande come le sue foglie, fece frusciare i rami per farsi sentire e chiese dolcemente: “Cosa c’è che non va, piccolino?”.
Cip alzò il musetto bagnato di lacrime e rispose con voce tremolante: “Ho perso la mia mamma! Stavo inseguendo una nocciola che rotolava giù dalla collina e ora non so più dove sia la mia tana. Ho paura, il bosco è troppo grande”.
Tino voleva aiutarlo con tutto se stesso. Avrebbe voluto prenderlo per mano e accompagnarlo a casa, ma le sue “gambe” erano radici robuste, ben piantate nella terra profonda. Non poteva fare nemmeno un passo.
Ma Tino non si perse d’animo. “Non preoccuparti, Cip,” disse con coraggio. “Io non posso camminare, ma noi alberi abbiamo un segreto magico.
Noi ci teniamo per mano… sotto terra”. Lo scoiattolo lo guardò stupito, smettendo per un attimo di piangere. “Davvero?” chiese.
Tino chiuse gli occhi e si concentrò. Immaginò di mandare un pizzicotto affettuoso alla terra scura e fresca.
Sotto l’erba, dove nessuno poteva vedere, la punta della radice di Tino toccò delicatamente quella di Nonna Quercia, l’albero più vecchio del bosco che stava lì vicino. “Passaparola!” pensò forte Tino. “C’è un piccolo scoiattolo perso qui da me. Dite a Mamma Scoiattolo di venire al vecchio Tiglio!”.
Nonna Quercia sentì il messaggio attraverso le radici e, zac, lo passò subito al Pino Alto. Il Pino Alto toccò le radici del Faggio Rosso, e il Faggio Rosso toccò quelle della Betulla Bianca.
In un attimo, un messaggio silenzioso viaggiò per tutto il bosco, veloce come un fulmine ma invisibile agli occhi degli umani.
Era come un grande girotondo sotterraneo, dove tutti gli alberi si stringevano forte per aiutarsi a vicenda, sussurrando sotto terra: “Cercate la mamma di Cip! Cercate la mamma di Cip!”.
Dall’altra parte del bosco, un grande Castagno sentì il messaggio vibrare sotto i suoi piedi. Proprio sui suoi rami c’era una mamma scoiattolo disperata che cercava il suo piccolo dappertutto.
Il Castagno, per attirare la sua attenzione, fece cadere una castagna — tock! — proprio vicino a lei, e poi piegò i suoi rami indicando la direzione dove si trovava Tino, guidandola col pensiero. La mamma capì subito! Corse veloce come il vento, saltando da un ramo all’altro, guidata dal fruscio degli alberi che sembravano indicarle la strada.
In pochi minuti, Cip vide una coda rossa e soffice spuntare tra i cespugli. “Mamma!” gridò felice. I due scoiattoli si abbracciarono forte forte proprio ai piedi di Tino, felici e al sicuro.
Quella sera, mentre la luna spuntava nel cielo stellato, Tino non si sentiva più solo o inutile.
Aveva capito che, anche se da fuori sembrano fermi e distanti, sotto terra gli alberi sono tutti amici e collegati. “Grazie Tino,” disse Cip prima di andare a dormire. “Sei l’amico più veloce del mondo, anche senza muoverti”. E Tino, orgoglioso, mosse le sue foglie a cuore, sapendo che gli bastava stringere le radici per sentire l’abbraccio di tutta la foresta.